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Previsione

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Ogni settimana cerco di capire a cosa ho pensato nei giorni precedenti. Gli argomenti e i temi attorno a cui gravita la mia attenzione, mi illudo, indicano una strada. Forse indicano solo la strada percorsa sin lì e, magari, anche quella di fronte. In fondo arriviamo da qualche parte perché proveniamo da altre parti. Siamo esattamente dove dovremmo essere, ammesso almeno che la somma di ogni singolo passo fatto sino al momento presente sia una precisa sequenza che non poteva che portare al qui e ora. Esclusi gli eventi che sono al di fuori del nostro dominio, naturalmente (e per la terza o quarta volta mi trovo a citare Fluke di Brian Klaas e la sua comprensibile insistenza su quanto siamo illusoriamente persuasi che l’esito delle nostre azioni sia prevedibile, di avere un qualche dominio sulla nostra vita e su quanto gli sconvolgimenti epocali – la vita del genere umano, altrimenti detta Storia – sia articolata da mastodontiche cerniere storiche che fanno deflettere e deviare la narrazione. No, non è così, detto molto brevemente).

Proprio Fluke inizia con una storia. È quella del cosiddetto fenomeno Kokura, o “Fortuna di Kokura”, che da fatto storico è diventato un’espressione per definire una fortuna insperata. Kokura, brevemente, era l’obiettivo scelto per sganciare la seconda delle due bombe atomiche che si abbatterono sul Giappone. Il perché venga ricordata per la sua fortuna e non perché venne rasa al suolo è legato al fatto che, quel 9 agosto 1945 le nubi che stazionavano sopra quella città impedirono la visibilità al bombardiere americano. Che deviò su Nagasaki, con l’esito che purtroppo tutti conosciamo.

La storia nella storia è che quello fu solo il secondo degli obiettivi, e che il primo fu Hiroshima. Che, a sua volta, non era il primo obiettivo scelto dall’aviazione americana. Il primo era Kyoto, almeno fino a qualche mese prima della decisione di bombardare il Giappone. Kyoto era nevralgica per molti motivi: logistici, economici e politici. La scelta di bombardarla però per qualcuno aveva anche un valore simbolico, e proprio per quello Mr Henry Stimson convinse il presidente Truman a risparmiarla. Il motivo potrebbe apparire il più fragile e incredibile del mondo: qualche decennio prima aveva trascorso a Kyoto il suo viaggio di nozze e non poteva pensare che la distruzione di un luogo dei suoi ricordi potesse essere cancellato dalla faccia della terra. Almeno non per una sua corresponsabilità in quanto segretario alla guerra e partecipe al progetto Manhattan.

Un fatto storicamente così importante venne influenzato in modo imprevedibile (quantomeno nelle sue conseguenze) da un casuale viaggio di nozze decenni prima che avvenisse.

Per questo non credo molto alle previsioni: perché possono ergersi su una lettura delle correnti narrative e delle evidenze storiche sia pregresse che in divenire, ma non possono considerare ogni variabile possibile. Perché certe variabili sono troppo minute per essere colte da qualsiasi sensore, per quanto sofisticato possa essere.

Perché allora affidarmi ai pensieri passati per capire che strada ha preso la mia personale ed erratica ricerca? Un motivo è che certe linee evolutive, certi svolgimenti della storia hanno comunque un potenziale di svilupparsi se lasciati liberi di esprimersi e dipanarsi. Capire da dove veniamo, insomma, può fornire qualche indizio sul dove stiamo andando. Ci sono cose che possono essere previste con buona approssimazione, tipo che un bambino di ricca famiglia avrà qualche possibilità in più di un suo coetaneo ma nato in quartiere povero. Negli USA dicono che il codice di avviamento postale è un buon modo per predire il futuro di chi nasce a certi indirizzi, che è un modo per dire che dove nasci e in quale famiglia nasci conta. Non del tutto, ma conta. Il che non nega che l’omologo svantaggiato di quel ricco bambino non possa ambire alla scalata sociale e alla ricchezza e a crepare a un civico dove ci stanno solo case di ricchi, ma ne diminuisce notevolmente le probabilità.

Insomma: le previsioni si innestano su elementi di verità e consequenzialità – come dire – ma trovo più interessanti i grani di sabbia nell’ingranaggio della Storia. Quelli che ritardano la rivoluzione del meccanismo o lo inceppano. Quelli che, in altre parole, sfuggono a qualsiasi previsione.

Non è un buon motivo per non fare previsioni, ne convengo.

Del resto il farlo ci attrae irresistibilmente perché soddisfa il desiderio – o l’illusione – di avere un qualche dominio sul futuro. La presunzione di avere dominio su qualcosa che non è ancora accaduto dovrebbe già fornire qualche indicazione sul suo fondamento scientifico, ma procediamo.

In effetti c’è un modo, anzi diversi, per prevedere il futuro: tipo dargli una forma. Il modo più antico di farlo è quello di raccontare storie, perché l’umanità è attratta geneticamente dalle storie. Le storie costruiscono un senso, motivano, spiegano, permettono l’identificazione con i protagonisti, estendono l’esperienza della vita a quelle altrui. Potenziano.

Le storie danno l’illusione della potenza, cioè della costruzione del potenziale per plasmare il futuro. A volte ci riescono.

Le storie sono uno strumento potentissimo e non è un caso che Steve Jobs considerasse colui che le sapeva raccontare l’individuo più potente della mondo. Le storie persuadono, convincono, armano eserciti e danno speranza. O la tolgono.

Sono così potenti che bisognerebbe ragionare per assurdo e chiedersi cosa ne sarebbe della Storia se non esistessero le storie: probabilmente non esisterebbe alcuna dinamica, alcun movimento, alcuna evoluzione.

Le storie costruiscono il futuro, prevedendolo o raccontandolo prima ancora che accada. E il futuro, almeno in parte, ha la forma di quelle storie.

Dicevo: questo modo di costruire il futuro, o di prevederlo costruendolo, non funziona solo con le storie. Ci sono almeno altri due modi per farlo. Li metto insieme – magari impropriamente – perché hanno un tratto comune: esercitano entrambi una forma di condizionamento indiretto. Sto parlando dei sondaggi e dell’Ai, o meglio degli LLM.

Parto da questi ultimi. Ne ho scritto abbastanza diffusamente qui, quindi non mi ripeto. Riassumo per chi non avesse voglia di leggere dell’altro (o non avesse voglia nemmeno di farselo riassumere dall’Ai): l’utilizzo di LLM ha indubbi vantaggi e semplifica operazioni di routine che anche nella scrittura esistono. Mi riferisco ovviamente a un certo tipo di scrittura “di mestiere”, non a quella più creativa che resta fondamentalmente umana e non replicabile da una macchina.

Ho però il sospetto che, anche in questo caso, gli LLM non siano uno strumento neutro ma siano in grado in forma più o meno mediata di condizionare la creatività. Gli LLM in fondo sono strumenti capacissimi di organizzare il ragionamento in modo razionale e pertinente, e affidandovicisi si perde controllo, o si rischia di farlo. Si vigila di meno e si abdica a quella parte libera e creativa che esiste anche nella scrittura di documenti strutturati (la struttura è flessibile, o quantomeno può esserlo). Si tratta comunque della forma più blanda di condizionamento, anche perché coinvolge la scrittura e non ancora la storia. Mi auguro insomma che si lasci fare agli LLM quel che gli viene meglio (la struttura) e non raccontare le storie. Teniamoci certe prerogative per noi, umani.

Lo strumento più subdolo e condizionante è invece il sondaggio d’opinione, e più nel dettaglio quello politico.

È subdolo perché si presenta in modo indifeso e inoffensivo, come un insieme di domande che hanno lo scopo di indagare delle opinioni e come queste si aggregano percentualmente. Eppure già il porre domande pone delle condizioni poiché definisce i margini del sondaggio, per non parlare di come queste possono essere strutturate: possono alludere, suggerire, insinuare. Raramente, mi ripeto, sono neutre.

Questo tipo di indagini ha anche un’altra ambiguità: dovrebbe indagare lo stato di fatto ma, dato che è restituito in un tempo differito, è un passato che condiziona il presente, e con esso il futuro.

I sondaggi sono previsioni sotto mentite spoglie.

Non che lo siano per natura: in fondo si presentano sempre o quasi come fotografie del passato ma è difficile pensare che non condizionino l’opinione corrente, modificando il corso della storia, o almeno dei fatti correnti. In altre parole, ci vuole un bel po’ di ingenuità per pensare che i sondaggi non possano essere anche strumenti di propaganda.

Fin qui ho parlato degli strumenti che costruiscono il futuro: le storie e le loro varianti. In fondo anche le previsioni sono storie, e infatti muovono dall’intenzione di anticipare e quindi di dare una forma. In-formano il futuro.

Ci sono poi quei granelli di sabbia di cui parlavo all’inizio: quelli che inceppano il meccanismo della costruzione della storia o quantomeno lo rendono più viscoso, più faticoso. Possono deviarlo, possono farlo deragliare.

Quella sabbia è una forza del caso, ne è una manifestazione. Il caso è tutto ciò che sta oltre ciò che è prevedibile, pianificato, previsto.

La sabbia è il viaggio di nozze dei coniugi Stimson, è il fluke, appunto, cioè il caso o l’evento fortuito. “Fortuito”, cioè derivante dalla fortuna o dal caso.

Sono giunto qui, adesso, ora, nella mia vita. Tutti gli attimi che hanno preceduto questo hanno congiurato perché io vi arrivassi come per te lettore, che leggi queste righe. Il caso però ha influito, anche se, pure a posteriori, è difficile capire dove il granello di sabbia si entrato in circolo e abbia deviato di una frazione di grado la mia e la tua esistenza. Potrebbe non averlo mai fatto, potrebbe aver accennato il gesto per poi ritrarsi, condizionando la traiettoria senza neanche entrarvi in conflitto.

Del resto è il caso, e per sua natura sfugge a ogni controllo: a quello umano e a quello delle storie, e quindi al loro potere.

L’uomo più potente del mondo è quello capace di raccontare storie. E poi c’è il caso.

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