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Scrivere dello scrivere

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Scrivere dello scrivere

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Oggi per scrivere non si usano più la penna e il foglio di carta e nemmeno la macchina da scrivere: oggi si scrive su computer, su smartphone, anche dettando note sconnesse ma istantanee date dall’urgenza del momento, che rileggeremo un giorno o forse mai, nemmeno ricordandoci perché le avevamo volute fissare nella memoria. Oggi scrivere è un atto che è diventato molto più comune di quanto fosse una volta.

Ricordo che alle elementari la calcolatrice veniva additata come uno strumento del demonio. Usandola avremmo perso la capacità di fare i conti a mano e con essa la conoscenza (e la nostra indipendenza di pensiero, o l’autosufficienza almeno).

Quando i computer sono diventati popolari ho pensato la stessa cosa: che avremmo smesso di scrivere perché saremmo stati distratti da altro. Dal guardare video o dal giocare, forse.

Invece

Invece capitò esattamente il contrario: da quando la rete è un’estensione della nostra vita, da quando virtuale e reale si sono fusi in un Reale Potenziato, mi capita di scrivere molto di più di quanto facessi una volta. Certo, non a mano. Non con una delle mie amate penne stilo (chissà dove sono finite) ma su una tastiera. Mail, appunti, articoli, messaggi, imprecazioni, tweet, post su Facebook, didascalie, commenti.

Non ho mai scritto così tanto come negli ultimi 20 anni.

In parte è accaduto perché ne avevo semplicemente la possibilità (la tecnologia me l’offriva) e in parte perché ne avevo l’urgenza.

Come dice Antonio Gallo, “Scrivo per capire quello che penso”. La scrittura è un’azione di disvelamento del proprio pensiero, di comprensione della realtà e di se stessi.

Mi è capitato di pensare spesso che vedere scritti i miei pensieri contribuisse anche ad estrarli dalla mente. A organizzarli e, in un certo modo, a scaricare il cervello del loro fardello. Dargli una forma (scritta) dà ai pensieri anche una dimensione e li oggettualizza. Li vediamo infine di fronte a noi, sulla carta o sullo schermo. E forse possiamo anche dimenticarli, rassicurati dal fatto di averli spostati altrove. Facendo spazio ad altri.

Scrivere è organizzare

Scrivendo diamo una forma ai nostri pensieri, perché altrimenti non sarebbero comunicabili. Organizzandoli capiamo ciò che è essenziale e ciò che è accessorio. Ne siamo capaci quanto più siamo allenati a scrivere: allora il flusso è ininterrotto e libero.

Scrivere è comunicare

Altrimenti non lo faremmo. Se ci bastasse parlare lo faremmo e troveremmo una pace. Invece dobbiamo scrivere (spesso è un’urgenza, molte volte un piacere) per capire e per dire cosa abbiamo capito. O cosa crediamo di aver capito.

Scrivere è diverso dal parlare

L’atto dello scrivere è più lento del parlare e richiede più riflessione. Per questo è capace di approfondimenti più ficcanti. È meno immediato forse della parola pronunciata, ma obbliga al sano esercizio dell’analisi di ciò che si sta pensando (per poi scriverlo) e non alla sua semplice e diretta comunicazione. Parlare è il grado zero della comunicazione, scrivere ne è una sua evoluzione. Più meditata e ponderata.

Scrivere è trovare una conferma

Tutto ciò che facciamo perché lo vogliamo è un tentativo di trovare conferma della nostra esistenza. Ho scritto questo, quindi esisto. Ho pubblicato questo libro, quindi esisto. Ho scritto a te e tu mi hai letto, riconoscendomi.
Per questo, scrivere, prima ancora che un’urgenza comunicativa è un’urgenza esistenziale. Certo, non tutti la sviluppano. Alcuni si sentono vivi lanciandosi con il paracadute, altri lavorando il legno, altri speculando in borsa, altri amando un uomo o una donna.
Ma ovunque cerchiamo la conferma del fatto che esistiamo.

E la rete ha portato questa necessità ad un livello superiore, perché il riscontro che abbiamo è oggi potenzialmente molto vasto. Non infinito (la popolazione mondiale è composta da un numero finito di individui) ma molto molto vasto.

Scrivendo costruiamo la memoria

La parola detta ha una natura più effimera di quella scritta. È interpretata, travisata, non ascoltata. Quella scritta mantiene un suo grado di verità oggettiva: quello che c’è scritto è quello che è vero, ed è vero ciò che è scritto. Non l’interpretazione di chi ha ascoltato.

Scrivendo si creano degli “oggetti di pensiero”: li possiamo osservare anche a distanza di anni e sono immutati. Sono unità di memoria, nel senso che sono concetti espressi in parole in un determinato tempo. Hanno una forma che non varia nel tempo (mentre il ricordo di una conversazione verbale può sbiadire, modificarsi, dilavarsi). Attraversano gli anni come capsule che conservano un contenuto che non subisce modifiche.

Scrivere oggi

Come è cambiato scrivere oggi? Il processo generatore è sempre lo stesso: mettere pensieri in fila ed esprimerli in parole scritte. Sono cambiate le modalità con cui lo si fa e la potenziale diffusione e condivisione delle nostre parole scritte. Oggi pubblicare e raggiungere un pubblico è più semplice di una volta. Chiunque è editore di se stesso. Là, da qualche parte, c’è un pubblico più o meno nutrito che lo leggerà. Questo pensiero incentiva a scrivere: scrivere non è solo più un’esigenza espressiva ma l’espressione stessa è influenzata dal fatto che qualcuno leggerà il parto di quella mente.

La mente ha voluto assecondare il lettore sgravandosi di certi pensieri e trasferendoli sulla carta? L’ha fatto magari senza rendersene conto?

Scrivere è organizzare, comunicare, confermarsi nella propria esistenza.
Scrivere in rete è farlo ad un livello potenziato: perché il pubblico è più ampio e perché lo si può fare in un sistema più interconnesso, in cui possiamo interagire molto più semplicemente e fluidamente. Migliorando il nostro modo di pensare e accelerandolo. Attraverso la condivisione con altri pensieri o anche con la collisione.

Scrivere non è mai stato un atto tanto potente come ai giorni nostri.

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