Il Neues Museum di Berlino disegnato da David Chipperfield è perfetto
Quando ci si misura con il restauro di un edificio storico e, peggio ancora, di un museo, è inevitabile riferirsi al Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa. Che resta sempre da decenni il più perfetto restauro mai ideato per l’ingegno delle invenzioni e l’arditezza delle scelte.
Detto questo, il Neues Museum di David Chipperfield non c’entra niente con Castelvecchio, ma visitandolo non si può non pensare alla lezione di Scarpa. Perché Chipperfield la conosce alla perfezione, anche se nella pratica si dimostra di certo meno sperimentale del professore.
Chipperfield ha pensato il Neues Museum rispettando il disegno originario di Friedrich August Stüler, allievo di Karl Friedrich Schinkel. L’edificio, pesantemente danneggiato nella seconda guerra mondiale, è stato restaurato in maniera conservativa in quanto restava in piedi — anzi esponendo la materia nuda del mattone e lasciando visibili i danni delle schegge delle bombe che hanno danneggiato intonaci e manufatti — e in maniera moderna e perfetta nelle parti ricostruite.
Cioè che è nuovo è dichiarato, pur assumendo delle forme e delle superfici volutamente neutre che dichiarano la loro rispettosa distanza dall’antico.
Chipperfield usa in maniera magistrale il calcestruzzo bianco con sassi di marmo sassone a volte lucidato, altre bocciardato. Questo calcestruzzo, eseguito in maniera sopraffina, è il pieno da cui è scavato il nuovo museo: a volte diventa il piedistallo di una statua, altre una trave, un capitello stilizzato, oppure la monumentale scala centrale.
Le gallerie storiche sono state invece recuperate da Julian Harrap: un’incredibile e stupefacente sequenza di sale una diversa dall’altra per soluzioni architettoniche e stilistiche, dai soffitti alle colonne ai capitelli.
Le vetrine di Michele De Lucchi
In realtà sono ben tre i progettisti che hanno operato all’interno del Neues Museum, eppure l’armonia che hanno saputo raggiungere è perfetta: David Chipperfield per le ricostruzioni, Julian Harrap per il recupero delle sale esistenti e Michele De Lucchi per le stupende vetrine (che finalmente illuminano gli oggetti esposti in maniera discreta ma efficace).
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