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Il quadro generale

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Il quadro generale

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Le cose e i collegamenti fra le cose

Una delle mie ossessioni buone è tentare di capire come una cosa è collegata a un’altra e come tutte sono – in modi più o meno espliciti – collegate fra di loro. Molti non riescono a inquadrare il contesto in cui succedono le cose, né anzi a immaginare che questo contesto esista.

In inglese si dice “The Big Picture”, cioè il quadro generale, l’affresco in cui fatti e accadimenti sono visibili su uno stesso piano, manifestando così i legami fra di loro.

Una volta sentii questa storia, raccontata dagli economisti di Freakonomics. Una loro intuizione permise di legare il tasso di criminalità negli USA in maniera direttamente proporzionale agli aborti garantiti dall’approvazione del relativo diritto, che fino a un certo punto della storia non era dato. Non che lo fosse temporalmente, cioè: i due fenomeni non accadevano simultaneamente, ed era per questo che la correlazione non fu colta se non dopo un periodo mediamente lungo. Cosa accadde? Che il diritto all’aborto comportò una diminuizione delle nascite indesiderate, e quindi di figli indesiderati che, rifiutati in famiglia o spesso senza neanche una famiglia, statisticamente diventavano più criminali che santi.

Meno figli indesiderati = meno potenziali criminali = meno criminalità.

Il fenomeno, come detto, non era immediatamente visibile: ci vollero quasi due decenni per accorgersene e i più non collegarono i due fatti, apparentemente slegati fra di loro, o meglio senza alcuna relazione diretta.

Questo è un caso estremo di comprensione del quadro generale perché aggiunge alla componente di correlazione causale una certa profondità temporale. Non si tratta di collegare fatti disposti su un piano ma piuttosto nello spazio: in altre parole la Big Picture diventa tridimensionale.


The Whole Earth Catalog
L’esempio più evidente e famoso di Big Picture è, letteralmente, “La Big Picture”, ossia quella che appariva sulla copertina di The Whole Earth Catalog, pubblicato dal 1968 al 1971. Ideata da Steward Brand, si trattava di una pubblicazione modellata sulla traccia di un catalogo esistente di vendita per posta di abiti di buona qualità. I prodotti venduti però – sostenuti dal solo costo di copertina e non sponsorizzati in alcun modo – erano in questo caso di vario genere e di ispirazione proto-ecologista. Quantomeno alla rivista viene universalmente attribuito il merito di aver cominciato a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle scelte di consumo consapevoli e sostenibili.

Ma non è nemmeno questo che è interessante, o non solo. La cosa più interessante è la copertina che riportava “La Big Picture”, ossia la prima foto della Terra ripresa dallo spazio.

Quella foto – scattata dagli unici che al tempo potevano farlo, ossia la NASA – fu l’esito di una campagna promossa dallo stesso Brand che chiese nel 1966 nel campus di Berkeley perché l’agenzia spaziale americana non avesse mai rilasciato una foto del genere. Finché la ottenne. Lo scopo non era solo quello di ottenere una foto interessante ma piuttosto quello di mostrare un’immagine dall’elevatissimo valore scientifico quanto simbolico. Se da un lato infatti si trattava della prima visione complessiva della Terra, dall’altro l’immagine aveva anche la forza di dimostrare quanto il nostro pianeta fosse un unico corpo rotante in uno spazio nero e incognito. La differenza data dal colore scuro dello sfondo e dal blu dell’acqua degli oceani o del bianco delle nuvole mostrava per la prima volta inequivocabilmente e potentemente quanto le differenze fra esseri umani fossero relative e quanto la nostra casa nel cosmo fosse un organismo fragile e da proteggere. Indicava, per altri versi, un fortissimo e innegabile senso di appartenenza.

Quella big picture aveva inoltre la capacità di mostrare in un istante l’insieme di tutte le possibili e numerabili e nominabili connessioni fra gli esseri umani e le loro vicende. Quella foto mostrava, letteralmente, tutto.
Il pensiero lungo è quello che non sta isolato, è quello che manifesta le sue connessioni, è quello che ha una lunga vita perché contiene mille e milioni di vite dentro sé. Il pensiero lungo è alimentato dalle connessioni e non ha l’ambizione o la presunzione di essere un tutto in sé. Il pensiero lungo ha un lungo respiro.

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