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Raccontarsi

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Raccontarsi

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Invece di dire che ho rinnovato (rifatto completamente, è più corretto dire) il mio sito personale, ho deciso di raccontarne in poche parole la genesi e perché ha preso la forma che ha.

Chi sono?

Quando decidi di raccontare cosa sei e cosa fai in un sito personale devi partire dalla domanda più semplice: cosa fai? Di cosa e chi vuoi parlare?

Spesso mi chiedono cosa faccio esattamente: sono architetto? Designer? Illustratore? Scrittore o forse fotografo? Docente?
Di solito rispondo che ho diversi cappelli perché è la verità, faccio diverse cose ma in definitiva ne faccio una sola: mi esprimo usando mezzi diversi. Alcuni di questi si sono trasformati in diverse professioni, altri sono rimasti passioni.

Come lo dico?

Usando la parola (in diverse forme e registri, dal più divulgativo e giornalistico su RunLovers a quello più formale qui), il disegno, la fotografia e l’architettura, un modo per dire cosa faccio è raccogliere queste diverse forme espressive in un unico spazio, cioè un sito.

Rivedere quanto ho fatto in questi anni mi ha anche permesso di dare una forma più organica e ordinata al mio lavoro.
Ho deciso pertanto che lo avrei organizzato in tre famiglie:

  1. Arte (che comprende il disegno, la grafica e le composizioni pittoriche)
  2. Fotografia
  3. Scritti

La funzione di ogni sezione è di raccontare in forma ragionata diverse espressioni. La differenza fra un sito che è un contenitore indifferenziato e quello che avevo in mente è l’editing: gli scritti sono raccolti quindi per filone tematico, le foto per soggetto, l’arte per collezioni.

Credo che un sito abbia in parte la funzione di archivio ma che debba soprattutto presentare il lavoro personale, specie se si tratta di lavoro creativo, in modo comprensibile.
Un notevole sforzo fatto a monte, magari poco visibile ma presente, è stato quello di revisione e organizzazione dell’archivio, di scelta dei materiali, di scarto di molti oggetti mentali, scritti o fotografati (questo cozza con l’idea che il sito sia anche un archivio, lo so — non ho ancora una soluzione).

Il sito non ha una forma definitiva ed è costantemente migliorato, migliorabile e aggiornato, sia in termini di usabilità che di materiale inserito. L’idea è quella di renderlo dinamico e sempre diverso, non di certo solo una fotografia di quel che faccio e ho fatto alla data odierna.

I libri

C’è infine anche un’altra sezione che considero più sperimentale: quella dei libri.
I libri che ho in testa e che sono per ora disponibili in un limitato numero sono libri fisici, fatti come si sono sempre fatti i libri: di carta e con cose, foto o parole stampate sopra.

Perché produrre degli oggetti così anacronistici? Perché sono stufo del digitale e dell’impalpabile e perché il fascino dei libri è immortale. È bello averne uno in mano e sfogliarlo, è bello conservarlo e riguardarlo dopo qualche anno.
La forma libro dà inoltre la possibilità di usare contemporaneamente diversi strumenti espressivi: parole, immagini, disegni.

La volontà è quella di unire tre diversi linguaggi in un unico supporto. Per ora sono disponibili tre titoli:

  1. “Zoo Antwerpen”: è un viaggio illustrato nel nuovo zoo di Anversa che ho fotografato e poi disegnato, raccontandolo attraverso una storia immaginaria. Lo si può acquistare qui.
  2. I don’t like beautiful pictures”, una raccolta di 45 foto unite da un filo visibile e invisibile, senza un tema centrale se non gli elementi compositivi che danno loro forma, acquistabile qui.
  3. Book Title Goes Here”: una raccolta di disegni, cartoon, grafiche, acquistabile qui.

Utilizzare cose che ho fatto in tempi diversi e rivederle in un’unica galleria mentale mi ha permesso di avere uno sguardo più ampio sul funzionamento della mia mente e su cosa la stimola. Come guardo la realtà? Come la rielaboro nel disegno e nella grafica? Come cambia il funzionamento e la risposta che il mio cervello dà a diversi problemi comunicativi?

Il fatto di usare diversi mezzi espressivi insegna soprattutto che uno stesso tema può essere espresso in modi diversi a seconda del mezzo linguistico che si usa: argomentato a parole acquista uno spessore, in un disegno privilegio l’immediatezza, in una fotografia registro l’elemento surreale della realtà.
La forma del libro permette di mettere in parallelo i diversi linguaggi e li lascia liberi di ibridarsi, aggiungendo strati di significato.

Perché lo faccio?

Per organizzare quanto ho fatto, sto facendo e farò in una forma coerente, comunicabile, ragionata.

Per cercare di capirmi, voltando lo sguardo e vedendo da dove provengo per intravedere, auspicabilmente, la direzione da intraprendere.

Per far circolare ciò che faccio, scrivo, dico, fotografo, disegno e penso. Per venderlo, anche. Per cercare di capire chi sono.

Chi sono, quindi?

Ritorno circolarmente alla domanda iniziale e rispondo così: l’uso di diversi linguaggi espressivi mi ha fatto conoscere diversi aspetti della mia mente.

Nella forma scritta mi esprimo in maniera logica, per tesi, per accumulo e risoluzione di un quesito. Mi spiego, linearmente — più o meno — e cerco di svolgere un ragionamento, di arrivare a una conclusione. La scrittura disvela attraverso sé stessa: serve a conoscere la realtà, non (o non solo) a descriverla.
Nel disegno, nella grafica, nella pittura mi esprimo in maniera più immediata, senza filtri. O, come mi piace definirla, in maniera brutalista. Non cesello, non ho tecnica, non mi interessa indugiare. Tolgo ogni razionalità, lascio il messaggio puro, sporco.
Nella fotografia applico un filtro mentale. La fotografia non è la realtà, è sempre l’esito di uno sviluppo che è mentale prima che visivo. La fotografia è diversa dalla realtà, sempre.

Quindi chi sono? Un essere razionale e lineare? Sì, anche. Eppure sono anche primitivo. Ma contengo anche memorie e filtri che mi fanno vedere le apparenze della realtà, non solo la realtà.
Sono alto e basso. Sono complesso e semplice. Sono snob e popolare. Sono qualcosa che non sono ancora, che cerca una forma.

Questa forma è mutevole: è un sito, un’idea, un colore. Domani sarò diverso perché nei diversi modi di raccontarmi c’è una sola costante: non rifaccio quasi mai la stessa cosa. Non mi esprimo quasi mai con le stesse parole, con le stesse foto, con gli stessi disegni.

Nella sua struttura semplice questo sito mi rappresenta: mi dà calma mentale. Sa contenere le esplosioni espressive di una composizione astratta e mettere ordine fra le carte.

Alla fine è un sito, ed è un modo per dire chi sono.
Sono Martino Pietropoli, benvenuti.

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