Ho esattamente il 28% di batteria residua. Ho deciso che è la durata di quanto scriverò, vedo quella percentuale come un’indicazione di scrittura. “Scrivi solo quello e non di più”. Non ho riflettuto a niente in particolare quindi è un buon metodo per scrivere qualcosa e basta, per non perdere l’esercizio.
La batteria residua indica ciò che si è perso, anche se momentaneamente: il 72% è perso, è un potenziale che è diventato qualcosa, che è stato traformato, da energia di una batteria in qualcosa di diverso.
Cosa ci faccio con quel che resta?
Ho pensato a quante cose faccio con le energie residue, e quante cose non riesco a fare. Le energie residue sono un tempo residuo: in una giornata si pianificano certe cose e si cerca di farle, poi se ne fanno di meno, raramente di più. Cosa si fa con il tempo che, eventualmente, resta?
Sono spazi interstiziali, i luoghi del possibile, un 28% di cose che possono accadere: posso lasciare che questa batteria residua si esaurisca per mantenere le funzioni vitali di questa macchina pur lasciandola muta e inerte o posso accellerarne il consumo usandola, scrivendoci.
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Ho notato che le persone immerse nell’acqua, in mare, osservano l’orizzonte. O un punto vicino a se stesse. Pensano, o forse riescono a non pensare affatto. La meditazione, mi dico, è non pensare affatto? Non lo so, quando medito penso eccome, se raggiungo uno stato di abbandono particolare vedo il pensiero formarsi, attraverso il fluire delle immagini che si creano. Quelle immagini sono la forma del pensiero, quello che quotidianamente si forma fra le mie orecchie sotto forma di dialogo interiore? Non so, è un’altra forma di pensiero.
Più passa il tempo, meno so. Si guarda il mare per cercare risposte, per percepirne nello sciabordio delle onde? Il mare è un’origine, ci devono essere linee di codice nel nostro sistema operativo che, una volta immersi nel mare, attivano una procedura di pulizia mentale. Il mare allora è il luogo della riconnessione con l’origine e osservare il mare è un modo per azzerare momentaneamente la creazione dei pensieri, per pulire la mente.
Eppure, guardando l’orizzonte, si pensa. È un limite verticale che distingue la terra dall’aria, gli elementi fra di loro. Ma orizzontalmente è il bordo di un piano che continua oltre. La linea d’orizzonte separa in verticale ma non in orizzontale, anche se la lettura visiva fa immaginare che là, in un punto lontano ma definito, tutto effettivamente finisca.
Guardiamo l’orizzonte perché è ambiguo, eppure ci pare categorico e definito, è un evento che esiste, sta là, è qualcosa di stabile, mentre sulla terra degli umani tutto cambia incessantemente.
[22%]
Dell’orizzonte si sa che è un limite immaginario, fisicamente esiste solo in quanto luogo dei punti che non sono né acqua o terra, né cielo e aria. Eppure è confortante sapere che esiste qualcosa di definito che separa le cose, un confine che decide che da una parte c’è una cosa, dall’altra un’altra.
Normalmente non è così chiaro, i segnali sono molto confusi, la realtà sulla terra è una cacofonia di segnali, impressioni, suggestioni, messaggi di violenza, di amore, di odio, di passione, messaggi senza risposta, messaggi fraintesi, messaggi inascoltati.
Altrove, all’orizzonte, non c’è suono, non c’è disturbo se non quello dell’aria che, a volte, è carica di umidità e allora slabbra la linea dell’orizzonte. Là c’è la soluzione perché i mondi sono distinti, il sotto e il sopra, la materia solida e quella gassosa, l’acqua in forma liquida e quella in forma di vapore.
[18%]
Cerchiamo, cerco quella linea, quella definizione? Sulla terra, dove tutto si vede con chiarezza, le cose sfumano e appaiono sotto mille sembianze. Le persone cambiano, è come se cambiassero colore un giorno per l’altro. Confondono, ci confondiamo. L’orizzonte resta, definito, esattamente nel punto più distante e irraggiungibile. Una beffa: ciò che è come un taglio, una linea tracciata da qualche creatura gigantesca e invisibile che decide cosa è cosa e cosa è altra cosa, si sposta continuamente.
Si può andare verso l’orizzonte ma non lo si può mai raggiungere.
Che è anche una metafora interessante ed efficace di tutta la questione: la chiarezza e la definizione sono concetti che sfuggono sempre in avanti; più si tenta di avvicinarvisi con una barca che rincorre perpendicolarmente l’orizzonte, più questo sfila via. Si materializza più oltre, sempre.
[13%]
Il mare è un liquido amniotico. L’immersione riporta all’origine. Il sistema si azzera e riceve nuove informazioni. Dall’orizzonte sembrano giungere segnali, le onde e le increspature sono parole di una lingua incomprensibile ma che porta nuove linee di codice. Un interprete installato in qualche parte del sistema operativo umano sa interpretarle e le trasformerà poi in istruzioni operative e azioni.
In mare sappiamo cosa fare, come le tartarughe appena nate sanno cosa fare: vanno verso l’acqua una volta schiuse le uova, noi stiamo dove si tocca e muoviamo le mani e le braccia mulinandole o tenendole appena sopra il pelo dell’acqua.
[11%]
Forse stiamo solo trovando una nuova energia, dopo un anno trascorso a consumarla. Una volta all’anno bisogna immergersi nel mare, una volta all’anno bisogna avere il conforto di questa materia infinita e penetrabile, del suo abbraccio liquido.
Una volta all’anno almeno dobbiamo ricordare che la definizione e il limite sono come la linea dell’orizzonte: un’illusione che esiste, un confine visivo ma anche concettuale. Esiste ma non si fa afferrare.
Non so se gli uomini e le donne, immersi, a non fare niente se non guardare quel confine, trovino risposte. Forse ascoltano solo. Stanno soli, ritornano in sé, cercano di ricordare ciò che hanno dimenticato.
[6%]
Cosa ho fatto con il tempo residuo? Ho scritto, ho passeggiato, ho litigato, ho cucinato, ho osservato un cigno gonfiabile spinto sulla piscina dal vento. Le sue traiettorie scrivono qualcosa sull’acqua ma è una calligrafia che scompare subito.
Ho fatto cose, ho vissuto. Poi ho guardato l’orizzonte senza saper bene se attendere nuove istruzioni, forse solo per dimenticare chi ero e chi sono.
[4%]
Ritorno a terra, smetto di essere sospeso in un liquido. Il mare mi ha tolto la gravità, la linea d’orizzonte continua a definire alto e basso, pieno e vuoto. È confortante, eppure resta laggiù, si sposta, è un’illusione, non si fa afferrare.
[2%]
Riesco solo a scrivere questo.