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Numeri

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 “Di un concerto a cui hai assistito puoi dire che sono stai eseguiti un certo numero di brani, che il pubblico era composto da un certo numero di persone, puoi anche dire che i singoli brani erano composti da un certo preciso numero di note. Quello che così descrivi però è il modello di un concerto, non l’esperienza del concerto”. Comincia così a parlare del suo rapporto con i numeri Duff McDonald, autore di “Tickled: A Commonsense Guide to the Present Moment”.

Il libro non cita i numeri nel titolo ma è proprio dai numeri — o meglio, dall’osservazione del rapporto che ne abbiamo — che McDonald parte per stravolgere la relazione che ha con il tempo.

Cosa c’entrano i numeri e il tempo? I numeri indicano le frazioni di tempo, o almeno sono alla base del metodo che l’umanità ha inventato per misurarlo (non controllarlo, che è la grande, immane battaglia che combatte sin dalle origini, oltre a quella contro la gravità). In questo caso però i numeri hanno un significato più astratto: filosoficamente sono lo strumento (o l’illusione) con il quale pensiamo di capire la realtà.

McDonald è uno scrittore che per tutta la vita si è occupato di economia, e quindi di numeri. Si può dire che i numeri e la loro forza siano sempre stati la sua fede: i numeri spiegano tutto.

Poi si rende conto che i numeri l’hanno sempre illuso, che, anzi, i numeri sono la forma che acquista l’allucinazione collettiva che coinvolge chiunque. La fede nei numeri è ancora più ingannevole di quella nella divinità: quest’ultima chiede un atto di fede — appunto — nell’esistenza di ciò o di chi fisicamente non si manifesta ma i numeri forniscono l’illusione di restituire una lettura precisa della realtà, attraverso i dati e gli indici.

Il PIL è un numero che tutti interpretano come lo stato di un’economia, In realtà si riferisce a qualcosa che non esiste. Quella ricchezza economica è la somma di diverse singole ricchezze economiche ma non è niente in sé, non esiste. Eppure tutti ci credono”.

Il fatto che i numeri e ciò che rappresentano distorcano il rapporto che abbiamo con il tempo gli sovviene quando pensa ai rapporti trimestrali: “Questa ossessione per quei rapporti è ancora più assurda perché decide le previsioni che riguardano un’azienda. Ciò di cui non ci si rende conto è che descrivono una realtà che è già passata, non a caso è relativa al passato trimestre. Eppure su quello si costruisce una proiezione del futuro, trascurando il presente che è l’unica dimensione che esiste, e che è innumerabile”.

Da questo punto in poi il discorso di McDonald coinvolge il rapporto con il tempo e la sostanziale irrisolutezza del tempo presente: non sappiamo come collocarci, non riusciamo a dominarlo perché misuriamo la contemporaneità con il passo che ci ha condotti fino al presente e lo proiettiamo nel futuro, come se dovesse esserne una naturale e irreversibile estensione.

La concezione che l’Occidente ha del tempo, del resto, è lineare ed evolutiva, mentre quella orientale è circolare e ripetitiva. Se l’unica direzione possibile è il presente, le uniche misure significative sono il passato e il futuro mentre se il tempo è ciclico il passato è anche il futuro o il tempo è un eterno presente. Innumerabile, appunto.

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