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Dicono che bisognerebbe diffidare di un cuoco magro e, aggiungo, anche di chi è indifferente alla musica. La mia non è una critica: non è sbagliato non ascoltarla così come il farlo non è indice di virtù. Dico solo, da ascoltatore, che guardo con sospetto chi non l’ascolta. Fatti miei.

La musica è una parte integrante della mia vita ed è anche una delle prime forme di alterazione dell’umore che impariamo a conoscere. Poche altre cose o esperienze riescono ad agire in maniera così efficace sull’umore come la musica. Almeno per chi vi è sensibile, s’intende.

Quando non sono di umore brillante è raro che una musica scelta con cura non aggiusti qualcosa, magari non risolvendo la questione ma di certo dandole un abbrivio che prelude a migliori prospettive.
Non è però nemmeno di questo che volevo parlare.

Se dovessi riassumere tutti i Pensieri Lunghi a un unico, gigantesco, Pensiero Lungo, credo che avrebbe un solo nome: il tempo.
E poi, a ben pensarci, non è nemmeno il tempo in sé (per quanto poi lo si possa definire univocamente, cosa impossibile) ma tutti i corollari e le dipendenze e le interferenze che porta con sé. Dal punto di vista fisico a quello esistenziale, passando per il filosofico e lo storico.

Il tempo è un concetto astratto – forse il più astratto di tutti – e meno concreto, pervasivo e permeante. Eppure altrettanto sfuggente, non definibile unicamente. Non è la divisione che se ne fa in secondi minuti ore giorni mesi anni, e non è nemmeno un grandezza oggettiva, dato che ognuno lo esperisce diversamente a seconda della fase dell’esistenza che sta vivendo.

Il poterlo misurare dà l’impressione che si tratti di qualcosa di oggettivo mentre ciò che si misura realmente è solo la convenzione del tempo, la misura che l’uomo gli ha storicamente concordato.

Cosa c’entra in tutto ciò la musica?
C’entra perché la musica è l’unica invenzione umana che ha il potere di sconfiggere e dominare il tempo.
La musica lo misura. La musica lo ripete. La musica dà a chi la esegue potere sul tempo. La musica è una forma possibile del tempo, è l’immagine astratta del dominio sul tempo: una volta che è misurato dal linguaggio musicale, il tempo ne è prigioniero. La musica inganna il tempo, servendosene.

L’ascolto di un brano musicale conosciuto attiva il ricordo di un momento del passato in cui si è ascoltata quella musica (la musica è una macchina del tempo). L’esecuzione di una musica “legge il tempo” e lo rivela, denudandolo. La musica è una forma del tempo e, nell’esserlo, lo mostra.
Se la vita è definita da un epilogo che tutti temono, è solo perché si svolge in un tempo, perché ci sono un prima e un dopo, perché esistono i tempi del tempo: passato, presente e futuro.

Per questo la musica – che lo costringe, lo disvela, lo domina – è il più straordinario strumento dell’uomo per controllare ciò che nel resto della vita oltre la musica lo domina: il tempo, appunto.

Perché se il generare la vita è l’unico modo per ingannare la morte, l’unico modo per ingannare il tempo (che è ciò che scrive la morte lungo il percorso che ci porta a lei) è fare musica, e ascoltarla e decidere per lo spazio di un’illusione che del tempo possiamo fare quel che vogliamo. Finché c’è musica.

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