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Come resuscitare i morti

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Come resuscitare i morti

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Una cosa che mi piace della religione (e non ce ne sono moltissime) è che racconta storie. Quando secoli fa andavo a messa non ascoltavo mai le parabole o il vangelo. Le consideravo delle noiose pause in una liturgia ancora più noiosa. A catechismo ci parlavano dell’eternità, della trinità e del peccato. Il peccato mi interessava ma dell’eternità non me ne fregava niente. A nessun bambino di 10 anni frega niente dell’eternità.

Da adulto mi è ricapitato di andare a messa. Dopo aver abbandonato la chiesa ed essere diventato non credente e fondamentalmente ateo, ho incominciato a considerare la religione dal solo punto di vista culturale. Le religioni sono l’espressione di una cultura e la cultura cattolica è anche la mia cultura, mi piaccia o meno.

Da quel momento in poi ho ricominciato ad ascoltare le parabole. Ho cominciato anzi, visto che non l’avevo mai fatto. E le ho trovate delle storie molto belle. Le puoi considerare delle metafore morali o delle allegorie, oppure semplicemente delle storie. E sono narrate magnificamente. La Bibbia è davvero uno dei più bei libri che siano mai stati scritti: per la qualità della scrittura, per la sua economia comunicativa (non nel senso che dice poco, ma nel senso che dice solo quel che c’è da dire) e per quella delle sue storie. L’Antico Testamento in particolare è uno dei più bei fantasy che si siano mai letti e l’Apocalisse è uno dei libri più rock&roll mai scritti (non l’ho mai letta ma mi piace pensarlo — se non è così non lo voglio sapere).

A cosa servono le storie nella Bibbia? A dare un esempio, a spiegare. In particolare nel Vangelo servono a tenere viva la fiamma vitale di Cristo. Se la Bibbia avesse detto “Gesù è il figlio di Dio, è così, fatevene una ragione” gli uomini non avrebbero comprensibilmente provato una gran simpatia per uno che, va bene grazie, ti sei fatto crocifiggere per noi ma la vita continua. Invece le storie della sua vita spesso innescano il meccanismo identificativo nella mente umana, o quella del desiderio (i miracoli: a chi non piacerebbe saperne fare?).

Ho pensato che raccontare storie è un potentissimo strumento che abbiamo per sconfiggere la morte.

Raccontando storie e ricordando nei nostri racconti persone defunte le riportiamo in vita.

Quando ricordiamo un caro che non c’è più lo riportiamo in vita dall’ombra della morte. Lo strappiamo letteralmente. Non nelle sue sembianze fisiche ma nel suo spirito. Sono positivista e maledettamente razionale ma non posso negare che sento questo spirito nelle parole di un racconto. Forse è un’illusione della mente. Forse è lo stesso meccanismo mentale grazie al quale i personaggi di un libro agiscono nella scena costruita nella nostra mente: sono reali, li vediamo. È un inganno buono della mente: sa che non sono reali ma li considera tali. Sono entità mentali che vivono in una dimensione cerebrale che è però reale. 
Quando ricordiamo la nonna che cucinava e lo diciamo a voce la evochiamo. Risentiamo certi profumi e ricordiamo i rumori, l’atmosfera, lo stato d’animo.

Solo attraverso la forza del racconto possiamo riportare in vita i defunti. Dovremmo farlo sempre (a parte per i defunti malvagi, per quelli l’oblio va benissimo) perché è un grande potere che abbiamo. 
Se non lo facciamo è perché temiamo che il ricordo sia doloroso e che quanto più è stata dolorosa la perdita tanto più dovremmo nascondere questo mancanza in una stanza della memoria. E perché pensiamo che non riusciremmo ancora una volta a confrontarci con qualcuno che non c’è più, con il suo non esserci più materialmente.

Ma lo spirito dei defunti ama farsi rievocare. È un altro modo per dirgli che gli si vuol sempre bene e per tenerli sempre con noi e trasmetterli a chi non li ha mai conosciuti. Il ricordo lava anche le incomprensioni e le difficoltà di un rapporto e lascia solo lo spirito di una persona: quello che si ricorda e si racconta è la sua essenza.

Non a caso la Bibbia non racconta teorie ma storie e non c’è orecchio che non vorrebbe sempre e solo ascoltare storie e crederci e convincersi che abbiamo davvero un superpotere: possiamo ridare vita ai defunti. E fra i superpoteri questo è un superpotere che neanche il più superpotente dei supereroi ha.

Un supereroe può volare o arrampiacarsi sui muri o spaccare un muro con un pugno ma non può riportare in vita un morto. Un uomo può farlo.

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