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Chiara Ferragni

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Chiara Ferragni

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Ho conosciuto Chiara Ferragni anni fa. “Conosciuto” è un po’ eccessivo: le ho stretto la mano e poi le ho detto “Piacere”. Forse pure lei mi ha risposto “Piacere” o “Ciao”, non saprei, non ha molta importanza.


Eravamo a un evento Nike a Milano e io non ero ovviamente il baricentro dell’evento. Lo era lei, la più importante rappresentante delle donne in una corsa di sole donne.


In questi anni ho seguito distrattamente la sua carriera: all’inizio per cercare di capire le modalità che l’avevano portata a questo successo pazzesco, poi sempre più distrattamente, poi con noia, resomi ormai conto di non fare minimamente parte del pubblico a cui si rivolge. E va benissimo così.


Poi, quando ad accorgersi di lei non sono state più solo le persone che la seguivano perché la amavano o la odiavano ma anche i media — tutti i media — e quando poi lei si è fidanzata e sposata con un rapper, ignorarla è stato impossibile perché anche al citofono parlavano di lei. Era diventata inevitabile e inaggirabile.

Quindi ho ripensato all’effetto che mi fece conoscerla e osservarla quel giorno a Milano, una primavera di 4 o 5 anni fa.


Ricordo soprattutto che lei era graziosa e sorridente. Non ricordo di averle sentito dire niente in particolare. Ricordo anche come era fisicamente: vedendola in foto se ne può avere un’idea abbastanza precisa, sebbene bidimensionale. La cosa curiosa è che anche nella realtà lei mi ricordava un’immagine bidimensionale. In effetti non aveva delle particolari forme. Era come — ci ripensavo poi — vedere un manichino animato, o una modella. Non ho alcuna frequentazione di modelle e simili ma magari sono esattamente così, hanno quella fisicità lì: una cosa neutra, senza accenni di forme, che si ricorda solo per un dettaglio del volto o per il colore dei capelli.


La Ferragni ha (suppongo ancora oggi) una specie di fisicità neutra, abbastanza indifferente.


Ricordo anche che la osservai durante la serata: se ne stava spesso in disparte e non parlava con molte persone. Magari capitò casualmente che proprio mentre la osservavo lei fosse sola. Ma non è questo a essere interessante: è più notevole quello che notai scrutandola in questi frangenti. Un qualcosa di magico e stupefacente: qualsiasi cosa facesse, qualsiasi situazione fosse quella in cui si trovava, lei posava sempre. Le feci anche alcune foto, rubate da un po’ distante. Mi stupii — riguardandole — nel notare che erano tutte, indistintamente perfette.


La Ferragni non vive: la Ferragni posa, sempre.


Non voglio sembrare minimamente polemico o critico nel dirlo. Trovai la cosa stupefacente e in un certo senso ammaliante. Era come se lei vivesse costantemente fra le pagine di una rivista di moda, con la luce giusta e mai niente fuori posto. Io ero in quello stesso ambiente ma non partecipavo della stessa perfezione che baciava lei. Eravamo fisicamente vicini ma sostanzialmente distanti anni luce.


Se poi si vogliono fare delle considerazioni più accademiche e cercare di capire perché lei abbia tanto successo, penso che la spiegazione sia più semplice di quanto si pensi e ancora una volta lo capii quella sera (o lo capii retroattivamente nei mesi dopo, osservando come si pone, cosa dice, come si mostra — studiando insomma il segreto del suo successo).


Quella sera non disse niente o non in mia presenza. Della Ferragni ci sono decine di migliaia di foto in rete ma una sua opinione non dico politica ma nemmeno gastronomica o su qualsivoglia argomento non la si reperisce. Nessuno sa esattamente cosa pensi perché

 

La Ferragni non esprime opinioni. Non posso sapere se non ne ha del tutto, ma di certo non le rende pubbliche.


E in un contesto sociale in cui tutte le opinioni sembrano contare, persino le più aberranti e orrende e tutti vogliono dire la loro e pare un dovere sociale dare spazio e dignità alle elucubrazioni di chiunque, persino le più oscene, insomma in tutto questo dicevo, non avere un’opinione o non esprimere le proprie è qualcosa di geniale, o esclusivo, o singolare.


Il fatto che non si sappia esattamente cosa pensa la pone su di un piano diverso e distante. Criticare le persone è un modo di costruire un rapporto con loro. Non avere argomenti per farlo le destina a due condizioni diverse: all’anonimato e all’indifferenza, oppure ad appartenere a una sfera quasi divina, comunque distante dai comuni mortali.


Si può insomma parlare della Ferragni solo per come si veste ma non per quello che pensa. Perché nessuno sa esattamente cosa pensa la Ferragni.


Ed è infine proprio come si veste e come si pone fisicamente che, pur rappresentando l’unico argomento di discussione che ci resta, è anche la quadratura del cerchio che la rende qualcosa di fenomenologicamente stupefacente: lei si può vestire divinamente o pessimamente perché anche in questo non esprime opinioni. Se l’abito è una forma di comunicazione, quella che proviene da lei è contraddittoria o confusa. Indossa qualsiasi cosa e non sembra esprimere preferenze particolari. Non ha uno stile ma ne ha mille e nessuno alla fine. Perché anche in questo lei ha avuto per caso o per calcolo la genialità di porre una distanza fra se stessa e noi che ci rende appartenenti a universi diversi. Perché lei — e ritorno ciclicamente a quanto detto all’inizio — è come un manichino animato. O almeno dà questa impressione. Non ha dimensione e non ha profondità, è sempre impeccabile e perfetta, probabilmente non suda nemmeno.


Forse è quello che non si riesce a esprimere o dire su di lei che rende interessante parlarne: non si sa con esattezza cosa pensa, perché piace, perché la si detesta. Non è indifferente a molti forse, ma si resta sempre con l’impressione di essere indifferenti e trasparenti per lei. Perché forse non facciamo parte dello stesso mondo e non respiriamo la stessa aria, chissà.

Di certo non portiamo la stessa taglia.

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