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Assenza

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Assenza

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C’è un’immagine ricorrente che si forma sulla superficie dei miei occhi ogni tanto. Guardo una porzione di una strada (ho avuto quella visione lì, la prima volta, e solo lì si ripete, ogni tanto) e immagino tutte le persone che hanno camminato su quei pochi metri quadrati che il mio campo visivo abbraccia.

Ne vedo le scie, le tracce lasciate nell’aria. Se le distinguessi le potrei contare ma sono migliaia di persone, decine di migliaia. Quante persone possono aver mai camminato in quel punto esatto? Impossibile contarle e allora ne immagino solo la natura eterea, un lieve spostamento dell’aria, l’involucro che hanno lasciato, lo spazio che hanno occupato, per un attimo, nella storia.

C’è anche la mia, ce ne sono in verità migliaia di mie, una lunghissima e incommensurabile teoria di me stessi del passatoche hanno transitato proprio lì, in quel punto, o un po’ più in là.

Queste presenze fantasmatiche sono state, non ci sono più (appartengono al passato) eppure sono state registrate da qualche parte, nell’Archivio dell’Universo.

Sono assenze (ora) di presenze (del passato).

L’idea dell’Archivio dell’Universo mi è venuta ora. La scrittura serve anche a questo: a cavare dall’aria delle immagini che stavano in sospensione ma che non avevano una forma. Quindi, c’è un archivio. È una specie di registro cosmico, una memoria intrinseca della realtà stessa. A cosa serve? A ricordare tutto ciò che è accaduto, dall’inizio dell’universo. Deve essere un’archivio grande quanto l’universo stesso. Forse più grande, chissà.

Ha due sezioni: Cose Ricordate and Cose Dimenticate. La prima è facilmente accessibile: è ordinata e raccoglie una classificazione puntigliosa di ogni fatto accaduto dall’inizio dei tempi. Ha memoria di ogni persona, di ogni vita, di ogni pianta, animale, di ogni duna del deserto prima che il vento la rimodellasse, di ogni montagna prima che una scossa tellurica la elevasse o la schiantasse. Una porzione di questo archivio è quella che chiamiamo Storia.

La Storia è la letteratura degli emersi.

C’è poi l’altra sezione, ed è quella delle Cose Dimenticate. Mi interessa molto questa sezione. Non è accessibile, non è neanche sicuro che esista. Nessuno in fondo l’ha mai visitata ma si sospetta che debba esistere.

È curioso che esista un archivio (che serve, come istituzione, a ricordare) che conserva solo cose che nessuno ricorda.

Per descriverlo con parole semplici, potrei dire che è l’archivio dei vinti, di quelli che la Storia, quella di prima, non ricorda. Non è il discorso dei vincitori che scrivono la Storia. Anche quella ma anche un po’ di più.

Credo che la Storia sia scritta dai vincitori e da chi sopravvive per raccontarla, e quindi la Storia è un racconto, è il punto di vista della soggettività del genere umano, e in particolare di quello che ha vissuto per raccontare: la storia, le storie. Qui si trovano insomma le cose che furono, nell’Archivio delle Cose Ricordate.

Dato che sono conservate con cura e piglio sistematico, saranno ricordate per sempre. O per molto. Saranno con buona probabilità delle presenze, per sempre. O finché il sole non esplode — o implode, non ricordo più ora. Comunque parliamo di qualcosa che succederà fra 5 miliardi di anni.

Mi interessa l’Archivio delle Cose Dimenticate. Forse sento al riguardo di avere un debito: le scie di quelle persone che mi apparvero un giorno e mi appaiono ancora ogni tanto mi hanno ricordato che è esistito anche ciò che è stato dimenticato. Anzi: che esiste ancora.

L’Archivio delle Cose Dimenticate raccoglie la Storia dei sommersi.

Ciò che manca è ciò che si è dimenticato, ciò che non è assurto al rango di oggetto storico. Mi interessa ricordarlo – pur non sapendo neppure cosa contengono quei faldoni e quegli scaffali, in fondo dimenticati pure loro – perché tutto è il risultato di strade percorse e abbandonate, e la Storia è il racconto delle presenze determinate anche dalle assenze.

Intendo che la scrittura della Storia è avvenuta e avviene sia per mano dei vincitori – che ora preferisco chiamare emersi – che per mano di chi è stato dimenticato. Ogni dinamica scaturisce dal contrasto di forze opposte e nel caso del passato dell’umanità, dallo scontro degli emersi e dei sommersi.

La Storia insomma nasconde fra le righe l’azione di chi non è più ricordato (dei sommersi) perché non avrebbe potuto generarsi se questi non fossero esistiti. Ci sono, non essendoci più. Sono il negativo (dimenticato) che valida il positivo (ricordato).

Lo chiamo infatti il Negativo Storico, ed è ciò che ci definisce perché è stato e non è più. E quindi è dimenticato. È l’immenso non detto, il sottofondo silenzioso su cui si stagliano le sole voci che ricordiamo. È la parte mancante dell’equazione, È l’insieme di tutte quelle scie effimere che ho visto sulla strada, moltiplicate per l’intera storia del cosmo.

È il milione di altre possibilità non diventate realtà, di altre intenzioni non trasformate in azione, di altre vite vissute e dimenticate.

Forse ho capito come si accede all*’Archivio delle Cose Dimenticate:* sovrappensiero*.* Come mi accadde quella prima volta, quel giorno: pensando ad altro vidi degli abitanti di quell’archivio, o ne vidi le tracce eteree. Essere sovrappensiero in fondo significa occupare un livello di pensiero superiore, o laterale. Non impegnato in una direzione specifica ma vagante, che spazia in ogni direzione. Non guardando in un punto preciso ma ovunque e in nessun luogo, si vedono oggetti di quell’archivio, si vede il negativo della Storia, si vede ciò che non è più ricordato.

Per questo sono così affascinato dal surreale, da quello strato d’aria che sta oltre, sopra la testa, dietro la superficie delle cose, e che è governato da una fisica irrazionale. Esiste, anche se vederlo è difficile.

È quello schermo di quella poesia di Montale che amo citare.

In Mattino d’Inverno scrisse:

Forse un mattino andando in un’aria di vetro, arida,
rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me ne andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

La realtà è un inganno, è uno schermo che nasconde la Verità. Forse è il velo che cela il Negativo Storico. Ciò che non dovrebbe esistere più – ciò che gli emersi volevano cancellato – e che invece emerge, fra gli squarci della realtà, nelle incursioni della metafisica nella fisica.

Volevo solo ricordare quelle assenze, volevo sentire che storia avevano da raccontare ma non parlano, non hanno più parole: gliele hanno rubate, non sono state trascritte nei libri. Esistono ancora in forma di crisalidi trasparenti, che camminano su quel pezzo di strada, e su ogni altro brano di questo pianeta. Si spostano fra le dimensioni, rivivono contemporaneamente nel passato e nel presente. Esistono, ancora.

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