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Alcol

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Ho notato che in frigo c’è una birra. Non ricordavo di averla. Vederla mi ha portato a chiedermi se avessi voglia di berla, che è un modo per chiedermi se potevo resistere o meno alla tentazione. Ho concluso che mi è indifferente. Ho chiuso il frigo. Sono ormai nove mesi che non bevo più.

Prima di nove mesi fa nel mio frigo c’erano sempre birre e una preoccupazione – non un’ossessione ma di certo un pensiero – era che ce ne fossero sempre. Pensare che uno slot del mio cervello fosse occupato dal promemoria “Comprare la birra” mi fa sorridere ma anche pensare a quanto si può usare male il cervello. In fondo si tratta di uno strumento con una capacità mnemonica e di elaborazione finita e occuparne una parte per ricordarsi di comprare le birre (e contemporaneamente per tenere a mente quante te ne restano, ed eventualmente provvedere) significa non lasciare spazio ad altri processi, altre elaborazioni mentali. Bisogna liberare il processore mentale, almeno di questi carichi.

Non ho smesso perché me l’ha detto il cardiologo, né perché pensassi che era diventata una dipendenza. Tutt’oggi credo di non esserne stato dipendente (lo dimostra il fatto che abbia smesso da un giorno all’altro senza alcuna conseguenza, se non quelle positive) ma, a maggior ragione, visto che liberarmene è stato così semplice, è la dimostrazione che era stupido farlo. Bere ogni giorno, con l’unica regola di farlo solo dalla cena in poi, perché la dignità ti pone dei freni. Però a cena bevevo, e poi anche dopo cena, nella notte. Mai troppo, ho comunque una buona resistenza all’alcol e soprattutto non sopporto la perdita del controllo. Mi sono sempre fermato molto prima. Sono un bevitore sociale e socievole, nel senso che sono perfettamente funzionale quando lo faccio e non mi cambia l’umore, semmai smussa gli angoli e arrotonda gli spigoli.

Ne parlo al presente perché ho visto quei film dove ci sono gli alcolisti anonimi e ho imparato che una regola è non definirsi mai ex, perché continui a esserlo. Quella è la tua natura e ricordarti che convivi con questo lupo al fianco ti fa prendere le misure col fatto che potrebbe risvegliarsi e pretendere qualcosa. Però ne parlo anche al presente con animo leggero, perché non ho mai pensato che nel mio caso fosse una dipendenza, e continuo a non pensarlo. Questo periodo di astemia mi serve solo a dimostrare che lo posso affrontare, che non ne ho bisogno. Specie ora che non lo considero nemmeno più un periodo (transitorio) ma uno stato di fatto (permanente). Questa è la mia natura, adesso: non contengo alcol.

Oddio, un po’ sì. Mi sono riservato di berne solo nelle occasioni sociali. Prima lo facevo sia in quei momenti ma soprattutto da solo, e chi se ne intende ti dice che quando bevi da solo è un problema. È anche cambiato il modo in cui bevo in compagnia: molto poco, al più un paio di bicchieri, non arrivo nemmeno a sentirlo. Soprattutto, non essendo io un animale particolarmente sociale, queste occasioni si riducono a un paio al mese.

Mi piace insomma pensare che non ho eliminato l’alcol ma l’ho ridotto del 98%, forse di più. “98%” dà una certa idea potente dello sforzo.

Che poi non è stato affatto uno sforzo. A fine gennaio, dopo una festa molto robusta dal punto di vista alcolico, ho pensato che era ora di smetterla. Il giorno dopo ho smesso. Come in tutte le dipendenze, all’inizio ci pensi, poi ci pensi sempre meno, infine trovi una birra in frigo dopo molti mesi che hai smesso e non ci fai nemmeno caso.

Una volta lessi (o sentii) che si eliminano certi abitudini solo sostituendole con altre. La mia dipendenza – o almeno una delle mie dipendenze – è che quando di notte scrivo o disegno devo bere qualcosa. Allora ho iniziato a bere tisane, invece che birre. Ne ho provate di ogni genere: in purezza e mescolate, calde e fredde, imbevibili ed estreme, piacevoli e dissetanti. L’importante era ed è bere qualcosa.

Ho scoperto che non ero dipendente dall’alcol ma lo ero dal bere. Qualsiasi cosa che non fosse acqua. E neanche Coca Cola o altro. Bevo solo quello che ha un gusto.

I primi tempi non sono facili ma neanche difficili (parlo sempre dalla prospettiva di chi non aveva una dipendenza così grave, è giusto ribadirlo): elimini l’alcol in casa – cioè la tentazione – e bevi dell’altro. Non ci sono molte altre regole perché la prima è individuare tutto ciò che ricorda e può riprodurre il piacere del bere. Non ricordo chi lo diceva ma credo sia opinione diffusa fra chi fa uso di sostanze, siano esse alcol o droghe: il fatto è che ti fanno star bene, finché le usi. I problemi vengono dopo, non durante (a parte le overdose).

Bere ti dà una certa leggerezza di testa e ti persuade anche di essere un alleato della tua creatività. Non nascondo che all’inizio pensavo che avrei smesso di avere certe idee risolutive e creative che mi capitavano bevendo ma il fatto è che si tratta di pura suggestione. Le idee le ho comunque, usando un sistema legalissimo e molto più sano: vado a camminare, oppure esco in terrazza e guardo gli alberi o ascolto i rumori della città.

Le idee non ti vengono a trovare perché ti vedono alterato ma ti vengono perché esci a cercarle o semplicemente le fai entrare mentre pensi a tutt’altro.

Che l’alcol serva a essere più creativi è insomma un alibi e basta. È più interessante interpretarne l’uso e l’abuso per quello che sono: dipendenze. E soprattutto è fondamentale capire a cosa servono le dipendenze e perché le abbiamo: sono delle certezze che vogliamo o dobbiamo rinnovare sempre, perché danno un ordine e anche un senso. Tipo “Bevo per essere più creativo” o “Bevo per rilassarmi” o “Bevo per vincere la timidezza”. Il fatto è che l’alcol è bravissimo a darti l’impressione di essere molto efficace in queste situazioni: è vero, permette di fare certe bizzarre associazioni d’idee; è vero, rilassa; è vero, agevola i rapporti sociali. Finché non diventa un impedimento.

Un effetto che ha – del resto è nella sua natura – è quello di rilassare, fino a rendere molto più svogliati e procrastinatori. Provoca insomma un certo abbrivio creativo ma a questo seguono subito dopo la stanchezza e la demotivazione. Che senso ha stimolare la creatività per non poterla sfruttare perché hai sonno?

L’effetto più immediato dell’assunzione di tisane è invece che ci si stanca di meno, molto di meno. In altre parole non si ha quasi mai sonno quando sarebbe opportuno averlo, tipo di notte. Un altro effetto è che si possono sperimentare i sapori di piante e fiori delle cui sembianze non si ha idea alcuna. E i cui nomi non si ricorderanno mai.

Col passare dei mesi è intervenuta una inconscia rimozione: non ci penso più e basta. A volte mi sforzo di ricordarmi come stavo quando avevo bevuto un po’: me lo ricordo bene ed è utile che io lo faccia, perché mi fa apprezzare di più il fatto che non me ne freghi niente di non poter più provare quelle sensazioni.

Anzi: dovrei dire “di non voler”, non di non potere. Potrei quando voglio ma la differenza è che non mi interessa farlo.

Non posso escludere di non riprendere in futuro. Chi può escludere mai qualcosa del genere? Per ora ho solo potuto constatare che perdere questa abitudine non mi è costata davvero alcuna fatica. Segno evidente che non ne ero particolarmente dipendente e anche che siamo molto più soggetti di quanto vogliamo ammettere al potere delle dipendenze. Come detto prima, ci tranquillizzano e, a modo loro, danno un ordine alla vita. Sono sempre a disposizione. Basta riuscire a sostituirle con altre, possibilmente salutari.

Esisterà un’overdose da tisane? Forse dovrei chiedermi questo, mentre bevo la seconda di fila. Ha un sapore indefinibile: per identificarlo dovrei leggere sulla scatola di cosa si tratta, e non ci capirei comunque molto. L’importante è che abbia un sapore.

La dipendenza insomma – mi viene da pensare – è dai sapori più che dagli effetti. Forse ho solo orrore del neutro, dell’insapore, chissà.

Il fatto che scriva dell’alcol che non assumo più potrebbe far pensare che in realtà ci pensi eccome, tanto da volerne scrivere attorno. Può essere, anche se non ne ho alcun trasporto mentale: consciamente insomma non ci penso proprio. Inconsciamente non lo so, l’inconscio è insondabile per definizione.

Per ora mi godo i benefici del non bere: sono dimagrito sei chili, corro meglio, non devo preoccuparmi di avere da bere in casa e sono idratato a dovere. Purtroppo non contribuirà a farmi venire la pelle di un bambino di sei anni ma chissenefrega: il mio fegato ringrazia. Mi bevo l’ennesima tisana e la birra è sempre in frigo. La lascio là.

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