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Le stampe della collezione sono disponibili su Studio Martino Pietropoli

La cosa è successa così: da anni disegno mentre guardo un film o un telefilm. Faccio due cose che mi piace fare, contemporaneamente. Poi qualche tempo fa ho avuto l’idea di isolare alcuni fotogrammi di quello che guardavo e ridisegnarli. Facevo lo screenshot e poi li reinterpretavo. La sola regola era quella di usare sempre la stessa tecnica, e cioè lo stesso pennello: credo una specie di olio, non saprei con certezza, con il digitale non si capisce mai bene. Funzionava e aveva il sufficiente grado di imprecisione che ci voleva. Non volevo copiare: volevo estrarre il senso di quella scena. Il criterio che me la faceva scegliere era in parte inconscio e in parte estetico. Oppure: qualcosa mi diceva che quella scena più di altre conteneva un senso del film. Non dico IL senso, ma un senso possibile sì.

Ho iniziato con lo splendido “La fantastica signora Maisel”.

Le immagini che ne ho ricavato non dicono molto della storia da cui sono tratte e non sono vogliono nemmeno farlo. Sono entità a parte e interpretazioni di una storia o di un fotogramma. Più li isolavo e più capivo che potevano essere una cosa diversa. La derivazione — per chi conosce le opere da cui sono tratti i fotogrammi — può essere chiara ma non ha alcuna importanza.

Le buone immagini stimolano la mente e non la devono appagare. Devono solo attivare un qualche processo mentale che dal punto A conduce a un altro punto. Non il punto B né il C. Un punto, non importa quale.

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