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Sunday at the Village Vanguard

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Sunday at the Village Vanguard

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Certe storie iniziano una domenica, eppure ci sono certe storie iniziate una domenica che riverberano per anni e anni, fino a diventare decenni.

Chiunque ami il jazz conosce le famosissime sessioni domenicali del Village Vanguard di New York: quelle di Bill Evans sono semplicemente uno dei dischi jazz più importanti della storia.

Ma Evans è solo il nome più conosciuto del trio che le eseguì e approfondendo il suo concetto di trio si capirà perché lui non si considerasse in definitiva il più importante. Lo era per caratura e prestigio e per lo strumento che suonava — il piano — che per natura emerge e la cui linea melodica resta più nelle orecchie di chi ascolta.

Per capire ancora meglio il senso e l’importanza di questo disco ci si può soffermare sulla prima e l’ultima traccia. Si tratta di Gloria’s Step e Jade Visions. Sono due tracce in cui, specie la seconda, il basso ha un ruolo fondamentale. Nella prima entra in scena nelle prime battute, nella seconda apre direttamente. Le due composizioni non occupano casualmente la posizione di intro e di outro dell’album: sono entrambe di Scott LaFaro, ossia il basso. Giusto, che sbadato: non ho specificato che il trio in questione era composto da Evans al piano, Scott LaFaro al basso e Paul Motian alla batteria.

Le sessioni vennero registrate il 25 giugno 1961 in cinque set.
Un giorno di giugno del 1961 tre musicisti jazz suonano al Village Vanguard (che è come per un violinista suonare alla Filarmonica di Berlino o Vienna, anche se il Village Vanguard ha dimensioni molto più contenute, è uno scantinato dalla forma strana e dove puoi bere birra mentre ascolti suonare i migliori jazzisti del pianeta) e fanno la storia.

Non sanno ancora ovviamente di farla, o di stare facendola. 

Suonano e registrano. Il trio che Evans ha saputo costruire è un prodigio di equilibrio e sensibilità. I fraseggi che lui e LaFaro riescono a costruire sono delicatissimi, potenti e precisi, nessuno prevale sull’altro e dietro di loro c’è un perfetto Paul Motian che li tiene insieme. Sembra un passo indietro ma toglilo e manca tutto.

Insomma, quello non è un trio fatto da tre solisti che fanno la loro parte e poi se ne vanno a casa: quella a cui assistette chi ebbe la fortuna di assistere alla Storia nel suo rivelarsi fu una conversazione fra musicisti. Un dialogo equilibrato, ardito, teso, soave fra menti musicali che si capivano e che usavano le voci per costruire una conoscenza musicale, senza mai prevalere l’uno sull’altro.

E questa constatazione riconduce appunto al concetto di trio che aveva Evans: un complesso di personalità democratico, in cui ognuno ha la sua voce e la esprime per empatia e telepatia. Chi sapeva suonare così lo faceva perché la sua mente era in sincrono con quella dei compagni di trio. E non si tratta di semplice sincronia musicale, non serve specificarlo, credo. Si tratta di un’intesa intellettuale molto più profonda, fatta di rispetto e comprensione.

 

Le date sono importanti, come si diceva: 25 giugno 1961, Village Vanguard.
Il 6 luglio 1961–11 giorni dopo questa registrazione — LaFaro muore a 25 anni in un incidente stradale. Il connubio con un musicista così straordinario e dotato che Evans aveva amato moltissimo venne improvvisamente spezzato. Evans, come racconta Paul Motian, ne fu devastato. “The death of LaFaro left Bill Evans “numb with grief”, “in a state of shock”, and “like a ghost”, come raccontò poi lo stesso Motian.

Le storie continuano anche dopo che le vite si interrompono.
Le due composizioni che aprono e chiudono questo disco — Gloria’s Step e Jade Visions — sono di Scott LaFaro. Quando scelsero le tracce da includere nel disco fu lo stesso Evans a volere che Scott — idealmente — aprisse e chiudesse quel disco.

Vista la natura dialettica di questo album e del trio che lo eseguì è più bello pensare che Evans abbia voluto rendere giustizia a Scott LaFaro, dandogli l’onore di aprire e chiudere il discorso. Un discorso che resta lucente e trasparente come il cristallo anche dopo quasi sessant’anni.

Chissà cos’erano le Visioni di Jade. 

Di certo, sessant’anni dopo, stiamo ancora contemplando la luce che quel trio perfetto accese una domenica di giugno, al Village Vanguard, a New York City.

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