Title

Itaca

Excerpt

Date

Itaca

Text

Giorni fa mi è tornata in mente Itaca di Costantino Kavafis. L’ho riletta. Ho pianto.

Se dovessi dire perché, non saprei farlo. Non so cosa significa Itaca, non so nemmeno se ha un significato – suppongo di sì – ma so che ogni volta che la leggo, specie nella parte finale, piango.

Quindi qualcosa risuona dentro di me ma non è la ragione a farlo. La ragione del resto non piangerebbe mai. Allora cosa risuona? Che anse della mia mente incontrano le sue parole?

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio;
senza di lei, mai ti saresti messo sulla via.
Nulla di più ha da darti.

Itaca ce l’ho in mente da qualche decennio, dalla prima volta che la lessi. Non leggo molta poesia, e ogni volta che la leggo mi chiedo perché non lo faccio più spesso. Perché è difficile, perché la poesia è il punto di contatto fra l’estrema sintesi e le vette della letteratura. Perché è oscura, forse.

Credo che si tratti dell’estrema concentrazione concettuale che certe poesie riescono a raggiungere, come fossero un estratto di umanità. Il principio attivo dell’umanità.

Oppure, la poesia è come l’arte concettuale: richiede un ruolo attivo di chi la guarda e la legge, perché ciò che non dice devi pensarlo, devi capirlo. L’arte contemporanea – specialmente quella concettuale – richiede uno sforzo intellettuale, così come la poesia. La poesia non esisterebbe senza chi la legge.

Kavafis dice di mettersi in viaggio e di collezionare tesori acquistati nelle terre che si visitano. Chiaramente sta descrivendo una metafora, il viaggio è la vita stessa, tutto è una metafora. Tutto ciò che viene scritto passa per il filtro della mente e diventa metafora, tutto viene ridotto, eliminando ciò che non è essenziale. O meglio: eliminando ciò che ci metterà il lettore, ecco il segreto – un segreto – della poesia.

Il riassunto di un romanzo è il romanzo stesso? La risposta è semplice: no. Una storia non è fatta solo della sua struttura narrativa ma soprattutto del modo in cui viene raccontata, altrimenti ogni libro e ogni storia si potrebbero riassumere in qualche riga su un foglio. È evidente che leggiamo le storie e i libri per ciò che sta sopra, sotto e attorno alle storie.

Non leggiamo i libri per le storie che raccontano ma per come le raccontano.

Chiamo ciò che cela e rivela la storia – il libro, insomma – il vapore. Trovo che sia una parola che descrive bene la natura permeante e insinuante delle parole: quando una storia è ben raccontata (quando un libro è ben scritto) occupa tutta l’aria attorno a sé e anche oltre, proprio come un vapore.

Leggiamo i libri per annusare quel vapore e per vederlo, perché la qualità del racconto galleggia lì dentro, non nella storia in sé.

Poi ritorno a pensare a Itaca. Parla di un uomo che torna ormai vecchio alla sua isola. I suoi tesori sono le esperienze accumulate, i ricordi raccolti, le persone conosciute. Ma al suo interno contiene un enigma:

Itaca ti ha dato il bel viaggio;
senza di lei, mai ti saresti messo sulla via.

Quindi Itaca non è un luogo ma è un pretesto o un punto di partenza e contemporaneamente un punto di arrivo. Itaca è un cerchio che si chiude e di cui si percorre il perimetro, ritornando inevitabilmente al punto di partenza. Allo stesso tempo contiene il suo centro, dal quale ci si allontana quando si parte per il viaggio. Ma in realtà, si è capito ormai, la traiettoria del viaggio era la circonferenza, cioè l’insieme dei punti equidistanti dal centro, che non sono mai il centro.

Non esisterebbe una circonferenza senza il suo centro e Itaca sta lì, al centro. Vogliamo tornarci ma navighiamo sempre sulla sua circonferenza. Itaca è inaccessibile: la possiamo vedere ma non la possiamo raggiungere. Possiamo raccogliere tesori lungo il viaggio ma non ci aiuteranno a entrare nel suo porto.

Oppure Itaca è un pretesto. Ci è apparsa in sogno ed è il motivo per cui viaggiamo (e viviamo) ma non la vedremo mai, cioè non la capiremo mai.

Tutto questo è una possibile lettura di Itaca che, come dicevo, mi resta oscura. Però mi commuove ogni volta e non so neanche bene perché ma se lo fa, ci sarà un motivo.

Forse perché in realtà non si conclude e lascia spazio alle interpretazioni. O meglio: lascia spazio alla vita di chi la legge, perché ce la versi dentro per capire se Itaca parla di lui.

La grandezza della poesia, si diceva, è che dice tutto dicendo pochissimo. Però ogni parola è evocativa, ogni parola dice sé stessa e dice altre cose. Ogni parola stimola e suscita idee in chi la legge.

Leggo poca poesia perché è faticoso pensare così tanto, non si possono processare troppe idee contemporaneamente, il nostro cervello (o almeno il mio) non sa immaginare e tentare di capire allo stesso tempo, o almeno non ci riesce con così tante cose. Nella poesia le parole sono chiavi che aprono porte che portano altrove, così come una metafora ha diversi livelli di lettura.

Gli ultimi versi di Itaca dicono:

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Non è una risposta perché non esiste una risposta. Dice solo che tornando a Itaca – ammesso che la si possa raggiungere – sarà chiaro cosa Itaca voleva significare. Cosa significa quindi? Kavafis non poteva dare una risposta perché ognuno ha la sua e quindi Itaca non è uguale per tutti. Itaca appare nelle sua inequivocabile chiarezza attraverso gli occhi dell’esperienza.

Itaca è forse la vita, quindi? Potrebbe, o almeno lo è per me. Non è un luogo fisico ma è un luogo mentale. La si può guardare solo da distante, senza vederla mai bene. Itaca è il significato che cerchiamo per tutta la vita e, una volta raggiunta e se si riesce a raggiungerla, potrebbe apparirci spoglia rispetto alle ricchezza che vi abbiamo portato. Abbiamo raccolto tesori e onori eppure la patria a cui vogliamo tornare da sempre è più povera di noi stessi. Itaca non è l’idea di Itaca che abbiamo sempre avuto.

Credo sia più povera in termini materiali, non in quelli spirituali ma solo perché non è fatta di materia, quindi è immune dal desiderio di ricchezza e dalla cupidigia. Itaca è quella a cui bisogna tornare perché non c’è alternativa, perché Itaca è la vita stessa.

Non ci siamo mai allontanati da Itaca ma le abbiamo sempre girato attorno. Solo alla fine l’abbiamo trovata, anzi: ci siamo ritornati dopo essere partiti per un viaggio alla ricerca di qualcosa che non conoscevamo ancora, per scoprire che per tutta la vita abbiamo sempre voluto tornare a casa.

Quindi la fine è anche l’origine e ritorniamo sempre da dove siamo partiti. Il punto è se torniamo diversi e la risposta è sì, abbiamo raccolto cose, ricordi e ricchezze che non servono a niente perché Itaca è spoglia e non è l’isola che ricordavamo. Itaca è ciò che eravamo e siamo sempre stati prima di partire: è la nostra essenza.

Itaca è una poesia, che dice tutto.

Tags

Altri articoli

Fallimento

Come conviverci e farselo amico

Rumore

E il suo valore, sociale ed esistenziale

Specchio

L’intelligenza artificiale riflette un’immagine in cui non ci riconosciamo

EN