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47 – Imparare a respirare

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47 – Imparare a respirare

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In questi giorni sto leggendo un libro bellissimo che si intitola “Il silenzio è cosa viva”, di Chandra Livia Candiani. Parla di meditazione e quindi di respiro. Del respiro dice che:

È un amico che nasce con noi e con noi muore, il compagno discreto di tutta una vita che non consideriamo mai.

Non badiamo mai al respiro: a come lo facciamo, a quanto spesso lo facciamo, con quali benefici. Lo diamo per scontato e non vi prestiamo attenzione. Lo abbiamo sempre fatto e, oltre a non badarci molto, pensiamo di farlo benissimo.

All’importanza del respiro — a capirla veramente, esistenzialmente direi — ci sono arrivato solo recentemente, da quando medito. Saran sei mesi che lo faccio ed è una delle esperienze più trasformative che io abbia mai fatto.

Per molti versi meditare non ti cambia ma ti rivela.

Facendolo si ritorna verso il centro di noi stessi, una cosa del genere.

Se ci evolviamo — e ogni esistenza degna di questo nome dovrebbe essere un’evoluzione — alla fine torniamo sempre verso noi stessi, come se vivendo avessimo perso la strada di casa, la nostra casa. Da bambini eravamo vicini all’origine e poi ce ne siamo allontanati; per il resto della vita dobbiamo tornare all’origine, darle un significato, darle un nome.

Tutto ciò che facciamo ha questo senso, io credo, di tornare, di cercare di avvistare quest’isola dalla quale siamo partiti decenni fa. Cercare di ricordarla e poi riviverla, con una consapevolezza diversa, anzi con la consapevolezza, perché quando abbiamo preso il mare non sapevamo niente.

È un’idea anche questa, che l’origine e la nascita siano il luogo dove vogliamo tornare anche se non lo sappiamo. Non lo so con certezza, diciamo che è un’ipotesi, ecco.

Perché ne parlo? Perché ci penso spesso mentre medito — anche se pensare è un’azione attiva (deriva da agere, da fare) e meditando non lo si dovrebbe fare, mi pare di aver capito. Meditando cerco di essere passivamente attivo, o attivamente passivo. Lascio che mi succedano le cose, non le giudico.

Come il libro della Candiani che avevo comprato credendolo un altro libro, mi pareva di ricordare vagamente il nome dell’autrice e poi ho iniziato qualche mese dopo a leggerlo e mi sono accorto che parlava di meditazione.

Le cose non capitano mai per caso, dicono. Io dico che le cose capitano a chi se ne accorge.

Mesi dopo insomma mi sono accorto che questo libro parlava di meditazione e ora lo sto leggendo. Ho letto mesi fa anche Yoga di Carrère ma non ne parlo qui. Anche quello è sulla meditazione ma è meglio la Candiani o almeno è più inerente all’argomento, Carrère è inerente solo a se stesso, è fatto così lui.

A 47 anni — o nel mio 47° anno di vita, meglio dire — ho imparato a respirare. Anzi: sto ancora imparando a farlo, perché non è affatto semplice. Quando non medito e vivo normalmente facendo le mie cose, ogni tanto mi fermo e mi sento respirare e lo faccio male, davvero malissimo. Quando medito invece mi concentro, cerco di respirare come si dovrebbe fare, con il ventre ed espellendo bene l’aria, sentendola dentro il corpo, avendone una consapevolezza.

Nel 47° anno della mia vita ho capito che non sapevo respirare bene e che non ne sono ancora capace. Sto ancora imparando, come sto imparando tutto il resto. Però arrivare a fare benissimo una cosa così esistenziale, fondamentale e trascurata come respirare mi pare abbia un senso diverso, sia più importante. Se sto tornando a casa è perché seguo questa via, la via del respiro.

Sentendomi, ascoltando il mio corpo, cosa che faccio molto raramente perché sono in salute e non mi manda mai segnali particolari se non quando è affaticato dopo un allenamento.

Respirando mi siedo ad ascoltarlo, magari mi dice come si torna all’origine, come si fa.

Oppure mi aiuta ad accorgermi di qualcosa, stando in silenzio e ascoltando, perché la strada di casa la trovi solo ascoltando le parole di chi la conosce e te la indica, non te la dici mica da solo. Te ne devi accorgere, la devi vedere, come quando capisci che un libro che pensavi parlasse di tutt’altro parla di te. O parla a te.

E respirando lo leggi.

Buon compleanno a me e a Bruce, che pure lui li compie oggi.

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