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Painted in red

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Painted in red

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Frank Lloyd Wright lo voleva infatti rosso, forse per renderlo ancora più alieno rispetto a una città che non amava e che considerava troppo costruita, sovrappopolata e caotica.

 

Come se non fosse bastata già la forma inusuale a renderlo un edificio singolare in tutta Manhattan — una città nella città costruita con scatole più o meno alte ma senza alcuna forma curva — Wright lo voleva ancora più diverso.

 

Morì prima di vederlo completato: non sapremo mai se il Guggenheim non è rosso perché lui si risolse altrimenti o perché la committenza alla fine non ebbe il coraggio di osare tanto. Il bianco crema (non è un bianco assoluto infatti) fa pensare a un modello a scala reale piuttosto che a un’architettura davvero finita. Forse è la testimonianza imperitura delle difficoltà che incontrò questo progetto complicatissimo che Wright non voleva realizzare in questa città:

 

 

Ho in mente diversi posti migliori dove costruire questo museo — scriveva ad Arthur Holden nel 1949 — ma alla fine proveremo a farlo a New York.

 

 

Dopo aver visitato diversi siti, alcuni anche lungo il fiume Hudson, Wright si convinse per quello finale perché prospettava su Central Park, uno sfogo visivo e mentale che considerava determinante per dare tregua e respiro al visitatore e alla sua opera.

 

Central Park che, del resto, dall’interno del museo non si vede mai. È un po’ come se il fatto che ci fosse un parco così bello dall’altra parte della strada compensasse il doverlo costruire proprio lì. Era un risarcimento più che un elemento di valorizzazione. Anche perché il Guggenheim è in sé stesso un monumento all’autoreferenzialità. È un museo che espone sé stesso più che l’arte che contiene e che mostra quadri che, essendo esposti lungo la rampa interna inclinata, risultano in bolla ma non paralleli al pavimento. E che si affastellano visivamente l’uno sull’altro nel vortice visivo della rampa, che è la vera e unica opera esposta.

 

Il Guggenheim resta comunque uno dei più riusciti esempi di come un’istituzione culturale privata possa mostrare la propria forza economica e sociale, non a caso rappresentata con edifici — come anche il Guggenheim di Bilbao di Gehry — che sono monumenti in sé più che contenitori di arte.

E pensare che doveva essere rosso.

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