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La morte della battuta

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La morte della battuta

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La Guzzanti che faceva la Marini era qualcosa di geniale: con i suoi doppisensi involontari, con quei giochi di parole altrettanto involontari e altrettanto irresistibili.

Poi è arrivato Twitter e i giochi di parole sono stati esplorati in ogni loro possibile variante. Fino allo sfinimento, fino alla nausea.

Ho rivisto la Guzzanti che faceva una Marini aggiornata tempo fa. Non faceva nemmeno ridere, perché prevedevi ogni battuta avrebbe detto. Ogni gioco di parole era stato svelato, detto, scritto su Twitter. Faceva tristezza.
Era fuori tempo, asincrona. Superata.

La differenza

Un conto è scrivere battute, un conto è dirle. Ho sentito battutisti leggere le proprie battute ed essere patetici e ho sentito comici come Luttazzi recitare quelle di altri (a insaputa del pubblico) ma farti ammazzare dal ridere. Non per le battute in sé — o non solo — ma perché a dirle erano loro. Il comico è quello che sale su quel palco e conosce i modi, i ritmi, i toni e ti porta dove vuole. Un battutista potrà scrivergliele, ma su quel palco ci va lui e lui ti obbliga a seguire il suo spartito e i suoi ritmi. Solo lui è capace di dare coerenza a uno spettacolo, di intrattenere. Perché far ridere una volta è facile, far ridere per 2 ore di fila è molto più complicato. Devi raccontare qualcosa, iniziare un discorso e finirlo, portando in giro chi ti ascolta. Per questo non perdonerò mai Luttazzi per aver copiato ma lo perdonerò perché quel palco lo calcava lui e sapeva benissimo come farlo. Quindi è una patta alla fine.

A piccole dosi

Il problema delle battute sui social è duplice: la qualità è abbastanza buona (più abbastanza che buona) e il loro numero è eccessivo. Ci sono account che fanno solo quello: ininterrottamente solo battute.
La pizza è buona ma non la mangerei tutti i giorni. Hey Jude è una canzone perfetta ma ascoltata 35 milioni di volte può risultare fastidiosa.
Leggere solo battute provoca un unico risultato: l’ardente desiderio di picchiare chi le fa. O di non seguirlo più. Cosa che io faccio da anni: gli account che fanno solo battute sono i più pallosi che si possano trovare, peggio anche di chi posta criptici link a facebook che nessuno mai leggerà.
È come quell’amico bravissimo a raccontare barzellette: bello farci una cena assieme, oh come ti diverti. Una volta all’anno. Basta grazie.

Il linguaggio

Più che la battuta in sé il problema mi pare la costruzione della stessa. Molti le fanno senza sapere bene come: le battute sono espresse a parole e sono quindi intimamente legate al linguaggio. La loro costruzione deve essere altrettanto precisa e minuziosa. E questa è solo una parte della questione: vanno poi dette, recitate. E infine inserite nel contesto di un qualcosa che intrattenga.
Questo mancherà sempre a chi non lo fa di mestiere o, anche lo facesse, non ne è capace: saper tenere la tensione. Come farlo? Percependo il pubblico e le sue reazioni, sentendolo insomma. Cosa impossibile da fare quando il pubblico ti legge e al massimo ti mette un like o ti risponde “@battutista AHAHAH”.

E soprattutto conoscere una regola che ogni comico sa bene: quando non fare battute. E quando smetterla di farne.

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