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I loves you, Porgy

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I loves you, Porgy

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Certe canzoni sono così belle che non ti chiedi nemmeno cosa significhino. Poi un giorno inizi ad ascoltare le parole e ti poni delle domande. Oppure ascolti la storia che raccontano.

Confesso che ho sempre pensato che Porgy fosse una donna, anche se non mi spiegavo perché una donna cantasse a un’altra donna il suo amore per lei. Oppure ci stava, anche se intuitivamente datavo la canzone in un contesto storico in cui questo non era di certo un argomento su cui imbastirci una canzone. Altre volte pensavo che Porgy fosse una donna ma che a cantare quelle parole potesse essere una donna, perché sì. Invece, caro lettore, ti svelerò che Porgy è un uomo (il nome mi pareva da donna, sarà stato quello a sviarmi) e chi canta è Bess. Lo straordinario brano è tratto dalla folk opera del 1935 Porgy and Bess, musicata da George Gershwin e scritta dal fratello Ira sulla base di una storia di DuBose Heyward.

L’opera è importante per molti motivi: perché l’ha musicata uno dei più grandi compositori americani, perché è considerata un esempio della capacità di Gershwin di mescolare opera classica e jazz, e perché metteva in scena nel 1935 una vicenda incentrata sulle vite di neri.

Porgy è uno storpio di cui Bess è innamorata, essendo al contempo attratta — o vittima — del violento Crown, un delinquente di Charlestown.

Per concludere le note a margine — che tanto marginali non sono — basti ricordare che fanno parte di quest’opera alcune delle canzoni più famose della storia, come per esempio Summertime, My Man’s gone now It Ain’t Necessarily So, che diventeranno negli anni successivi degli standard jazz con i quali qualsiasi musicista si confronterà.

Torniamo però a I loves you, Porgy e alle sue parole. La versione dell’opera è più complessa di quella resa famosa negli anni successivi, soprattutto nell’orchestrazione. L’arrangiamento che accompagna Nina Simone è quasi minimalista: un pianoforte che suona la melodia ridotta all’osso (sembra quasi non voler disturbare la voce della Simone) e una batteria che si percepisce solo dalle spazzole, appena sussurrata al punto da sembrare quasi un fruscio di fondo dovuto alla registrazione datata.

La canzone non è solo un testo di amore nei confronti di un uomo buono come Porgy ma è qualcosa di più profondo, e proprio la lettura della Simone — caricata della sua umanità sofferente ma dignitosa — ne dà una delle interpretazioni più belle. Bess non sta solo dicendo a Porgy di amarlo ma lo sta scongiurando di amarla, di non abbandonarla nelle mani del violento Crown.

I loves you, Porgy
Don’t let him take me
Don’t let him handle me
And drive me mad

Bess gli dice di amarlo e soprattutto gli chiede aiuto: “Non lasciare che mi prenda, non lasciare che io sia a sua disposizione e che lui mi faccia infine impazzire”. Dà insomma a Porgy la responsabilità di salvarla.

Ma sono i versi successivi che stravolgono il significato di questi, o vi gettano una luce più obliqua:

Someday I know he’s coming
Back to call me
He’s gonna handle me
And hold me so.

So che tornerà a chiamarmi e mi avrà e mi terrà con lui”: è la resa di Bess alla forza bruta e primordiale di Crown, ed è anche la rinuncia a Porgy, per scivolare nell’abisso di violenza e irrazionalità di cui Crown è capace e che le riserverà.

If you can keep me
I wanna stay here with you forever
I’ve got my man

Se mi puoi tenere con te, io voglio restare con te per sempre, sei il mio uomo”.

Non si tratta di una semplice enunciazione di amore: la tensione — e quindi l’interesse della storia in sé — nasce dal conflitto che si genera fra l’amore e la rinuncia a esso. L’amore è scelto e dichiarato mentre la rinuncia è imposta e nasce dal cedere alla violenza della sopraffazione. Ecco perché, per quanto crei disagio ogni amore contrastato e sfortunato, l’interesse che si prova per la storia di Porgy e Bess si risolve nella sua impossibilità e non nella sua realizzazione. Se il loro amore fosse possibile la storia terminerebbe, diventerebbe un fatto privato e un racconto noioso, che ha un suo equilibrio che non interessa più l’ascoltatore.

Tutte le favole — e le storie in genere — terminano quando i protagonisti vivono felici e contenti, cioè entrano nella fase più gioiosa della loro vita e contemporaneamente più noiosa del racconto.

***

C’è anche un altro modo di leggere Porgy and Bess, ed è quello psicologico. La vicenda d’amore è solo un’allegoria di un conflitto molto più interiore.

Il centro è Bess, la sua mente elabora il conflitto fra l’amore sano rappresentato da Porgy e quello malato e sottomesso di Crown. I due uomini non sono altro che immagini di due estremi psicologici: il controllo mentale e il sentimento, la razionalità e l’irrazionalità, il sacro e il profano, la luce e l’ombra.

Fra questi estremi opposti oscilla la mente di Bess che, non a caso, non sa scegliere. Oppure sceglierebbe ma sa di essere dipendente anche dalla sua parte oscura. Sa di non poterne fuggire, perché quando quella chiamerà lei dovrà andare. L’alto e il basso, la saggezza e l’incoscienza convivono in ogni essere umano e tutti, in un modo o nell’altro, con più o meno controllo, ne siamo soggetti.

Questa è sicuramente la lettura più interessante di questa aria. Così interessante da renderla non solo moderna ma anzi contemporanea. Bess è un individuo e non è diluita in una folla o in una classe sociale. Non rappresenta altro che sé stessa, e in sé stessa la mente dell’uomo contemporaneo.

La versione di Nina Simone è così vicina alla nostra sensibilità perché resta sospesa fra il sentimento e la razionalità, non scegliendo nessuno dei due: l’irrazionalità dell’amore da una parte e il paradosso dall’altra: che il lato oscuro sia una scelta razionale e consapevole è infatti la cosa più difficile da elaborare per l’uomo moderno. C’è una parte nascosta di noi stessi e accettarla è la scelta più ragionevole e ponderata che possiamo fare.

Tutti noi amiamo Porgy ma sappiamo che quando Crown arriverà dovremo seguirlo.

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